Che cos’è la Mindfulness
La pratica della Mindfulness ruota attorno a due concetti fondamentali: quello di consapevolezza e quello di concentrazione.
La consapevolezza non è altro che la capacità di agire quanto più possibile in modo intenzionale, dirigendo uno sguardo puntuale ma non giudicante a ogni cosa si faccia, si dica, si pensi.
La concentrazione è lo sforzo positivo della mente che si allena per dirigere l’attenzione verso il suo oggetto in maniera pura, senza l’interferenza del pensiero che risente dell’esperienza passata o delle proiezioni sul futuro.
Secondo la definizione di Jon Kabat-Zinn, scienziato e teorico del protocollo MBSR, Mindfulness significa “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante” (1994, p. 63).
La Mindfulness è, dunque, una disciplina che insegna a coltivare l’attenzione in modo saggio, salutare e pulito.
L’obiettivo è quello di conoscere se stessi e il mondo attorno per ciò che realmente sono: guardandoli con freschezza e capacità di accettazione, imparando a radicarsi nel momento presente e procedere nella vita senza stress, un passo alla volta.
Se resta ancorata a ciò che accade qui e ora, la mente esprime la sua potenzialità piena lavorando con l’unico materiale possibile: la realtà di quel che c’è nel momento in cui sorge. Così facendo, non si affatica nell’inseguire il passato e il futuro, non si affatica a rimpiangere, soffrire per l’incertezza e il confronto, la frustrazione, l’ansia e le tante emozioni conflittuali che la vita di ogni giorno ingenera.
Accettare di vivere nel momento presente significa non abbandonare noi stessi e starci più vicini. Aprirsi alla realtà senza distrazioni è la condizione indispensabile per capire noi stessi e gli altri, così come siamo e come sono, e rendere ogni forma di sofferenza un’esperienza di apertura di tenerezza, una ragione di contatto con la dimensione profonda dell’essere vivi, senza più paura.
Ma in cosa consiste praticamente la Mindfulness?
La Mindfulness è una pratica articolata sulla meditazione. È un allenamento fondato su esercizi specifici che coinvolgono il corpo e l’attenzione il cui fine è coltivare l’abitudine alla consapevolezza per conseguire uno stato mentale più incline alla soddisfazione e alla felicità.
Un proverbio tibetano recita: non esiste meditazione in quanto tale, ma solo il fatto di abituarsi. La frase ci fa capire che la Mindfulness non è una pratica statica ma richiede energia, sforzo finalizzato, tempo, intenzione, determinazione, volontà e disciplina.
Posti questi punti fermi, l’esercizio costante della Mindfulness si articola nel rivolgere l’attenzione al presente, momento dopo momento. Per sostenere l’attenzione, si utilizzano alcuni supporti naturalmente disponibili alla mente in ogni possibile occasione:
- il corpo (prestando attenzione al respiro, ad alcune aree specifiche o al corpo nella sua complessità, scandagliandolo una parte alla volta);
- le percezioni dei sensi (tutto ciò che è raccolto dai sensi, ovvero udito, vista, tatto, olfatto, gusto, e dalla mente) che offre una risposta fisiologica, fisica o psicologica a ciò che ci piace, ciò che non ci piace e ciò che suscita indifferenza;
- le emozioni-formazioni mentali (le costruzioni mentali che seguono le percezioni dei sensi, come la rabbia, il desiderio, il dolore, la compassione);
- gli oggetti della mente (ciò che, in senso reale o astratto, suscita le formazioni mentali dopo essere stato percepito dai sensi: voglio possedere qualcosa che suscita il mio desiderio dopo che gli occhi ne hanno colto la bellezza, vale tanto per un oggetto ma anche per una condizione).
L’osservazione di questa concatenazione di fenomeni, guardata nella sua dinamica fisica e senza esprimere giudizio positivo o negativo, promuove a lungo andare uno stato di calma non reattiva, uno spazio vuoto tra accadimento e risposta soggettiva che permette alla mente di affrontare il presente per ciò che è, senza sovraccaricare la realtà di ulteriore sofferenza aggiuntiva derivata da pensieri, aspettative, resistenze e giudizi.
Kabat-Zinn sostiene che la posizione che si assume per meditare “è un atteggiamento esterno che ci aiuta a coltivare un atteggiamento interno di dignità, pazienza e autoaccettazione” (1991, p. 62). Dunque non è necessario focalizzarsi su una postura predefinita e dispiacersi se non si sia riusciti a sedere per praticare nella giornata: la Mindfulness è uno stato mentale da esercitare in ogni momento, da coltivare in qualsiasi condizione, proprio perché edificata sull’accettazione e la fresca apertura della mente a quello che c’è nel momento presente.
La meditazione seduta (sitting meditation)
Il modo più semplice per cominciare a coltivare l’attenzione consapevole è osservare il proprio respiro.
Il respiro è sempre a portata di mano ed è un oggetto neutro, poiché non induce a giudizi o attaccamenti; risente, semmai, di ansia e stress, al punto che spesso sosteniamo di avere il fiato corto per indicare l’affanno che produce una vita densa di impegni e incombenze.
Possiamo concentrarci sull’aria che entra ed esce dalle narici, producendo un solletico appena sopra il labbro; sul petto o la pancia che si gonfiano e sgonfiano durante l’inspirazione ed espirazione, utilizzando strategie apposite per ancorarci ai movimenti. Il compito materiale resta lo stesso: radicare la consapevolezza istantanea nel respiro e nel corpo, restando con quello che accade momento dopo momento.
Inevitabilmente, la mente tenderà ad allontanarsi dall’osservazione per vagare qui e lì, magari rievocando un evento passato, un problema incorso al lavoro o proiettandosi sulle cose da fare l’indomani. Anche questi pensieri vanno osservati per ciò che sono, sospendendo il giudizio, la severità o la frustrazione che potrebbero provocare (non riesco nemmeno a stare quieto cinque minuti!, è un pensiero frequente nel praticante) ma anche evitando di inseguirli e perpetrarli. Con gentilezza, amorevolezza e pazienza, riporteremo la mente al respiro e al corpo, per tutte le volte che sarà necessario.
Generalmente, la maniera più semplice e diffusa di coltivare l’attenzione sul respiro, specie quando ci si accosta da neofiti alla Mindfulness, è la sitting meditation.
Questa è una pratica di concentrazione che si svolge da seduti. È necessario assumere una postura dignitosa su una sedia o un panchetto da meditazione o a terra, all’occorrenza aiutati da un cuscino zafu.
Il punto focale è l’attenzione, attorno alla quale ruota la presenza mentale che converge, all’inizio, sul respiro e sul corpo, fino alla consapevolezza aperta. La respirazione va osservata nella sua dinamica essenziale, così come si presenta, senza cercare di modificarla. Al contempo, il corpo va mantenuto nella posizione prescelta senza rigidità, assecondando un atteggiamento eretto e fiero, accettando i fastidi che insorgono e le limitazioni che ogni fisicità impone. Mentre si inspira e si espira, si può cavalcare il flusso della respirazione, momento dopo momento; se l’attenzione evade dal respiro, viene ricondotta a esso con gentilezza e semplicità, per tutte le volte che è necessario.
La sitting meditation è particolarmente adatta a conseguire stati di concentrazione e di calma. Inoltre, è facile da mettere in pratica in qualsiasi momento e può essere utilizzata anche per pochi minuti: alla scrivania dell’ufficio, in metropolitana, mentre si studia o si affronta un esame, al ristorante, nel momento in cui si senta il bisogno di fare il punto, di raccogliersi, di gestire fatica e stress.
L’esplorazione del corpo (body scan)
Si può praticare la Mindfulness concentrandosi sul corpo nella sua totalità, passandone in rassegna le varie parti mediante l’esercizio del body scan.
In questo caso, l’attenzione consapevole si posa con delicatezza e precisione su tutto il corpo, ruotando in maniera sistematica dai piedi alla testa, eventualmente respirandoci dentro, ascoltando in modo autentico, partecipe ma non giudicante, quello che compare nel corpo.
Questa tecnica è costruita sui fondamenti dello yoga nidra, una pratica Yoga basata sulla realizzazione di uno stato di profondo rilassamento, simile al momento tra la veglia e il sonno che precede l’abbandono dell’addormentamento. Nello yoga nidra il corpo giunge a uno stato di quiete mentre l’attenzione profonda è vigile ma completamente rivolta all’introspezione, come nel caso della meditazione samadhi, che è appunto una concentrazione internalizzata.
Anche se all’inizio viene effettuato per potenziare la consapevolezza, proprio come si fa con un muscolo in allenamento, quando praticato costantemente e con la sistematicità della tecnica acquisita, il body scan induce un rilassamento completo e rigenerante sia dal punto di vista fisico che mentale ed emotivo. Contemporaneamente, la capacità penetrativa della mente sarà sviluppata: una crescente capacità attentiva, lucida e puntuale, illuminerà la mente senza scomporne la quiete conseguita.
La meditazione camminata (walking meditation)
La walking meditation consiste nel coltivare l’osservazione interna e la consapevolezza del respiro e delle sensazioni mentre si cammina, concentrandosi su ciascun passo. È una modalità differente di stare col corpo, che non necessita di tendersi in alcuno sforzo né di avere competenze specifiche. Un passo dopo l’altro, l’attenzione si ferma sull’atto del camminare: se fatta a piedi scalzi, si può focalizzare meglio l’ascolto sulle sensazioni del piede a contatto col suolo. Si cammina per camminare, non per spostarsi.
È una meditazione concentrativa molto potente. Camminiamo ogni giorno ma sempre di fretta, tenendo i piedi calzati e con l’unico obiettivo di raggiungere il punto in cui dobbiamo arrivare. La meditazione camminata aiuta a raggiungere una consapevolezza completa del corpo: peso, equilibrio, movimento nello spazio, contatto con il suolo e sensazioni raccolte.
È consigliata a tutti, ma può giovare maggiormente a chi abbia difficoltà nel mantenere una postura stabile al principio o non riesca a stare molto seduto o fermo; in Oriente, è particolarmente diffusa tra i più piccini, la cui attenzione è più labile e più facilmente raccoglibile in condizioni di movimento, quando la distraibilità è meno elevata.
L’Hatha Yoga
Un’ulteriore modalità con cui può essere praticata la Mindfulness è l’Hatha Yoga, una branca dello Yoga fondata sullo sviluppo della forza e della resistenza fisica attraverso posture ed esercizi specifici. Mediante la congiunta attenzione al respiro e al momento presente, si consegue un allineamento armonico tra mente e corpo e si sviluppa la consapevolezza portando l’attenzione su ogni singola asana mentre la si svolge.
Le posture dello Yoga sono di sostegno e di nutrimento all’attenzione: la concentrazione su una posizione favorisce la connessione al pensiero fluido, semplice, non deleterio. Una mente che tende al volo, allo storno dell’attenzione, all’inseguimento dei pensieri sul futuro e delle ruminazioni sul passato è particolarmente agevolata da questa pratica che riconnette radicalmente al corpo attraverso un impegno assai dolce, che non prevede tensione muscolare atletica e aiuta ad amplificare la consapevolezza.
L’Hatha Yoga è di supporto nello sviluppo dell’accettazione completa del corpo e delle emozioni a esso connesse e stimola la volizione mediante l’applicazione di uno sforzo giusto. Sulla base delle restrizioni e delle possibilità individuali, insegna a non ripiegarsi su se stessi e cimentarsi negli asana senza tirarsi indietro nell’esplorazione della fisicità. Il senso di benessere che il corpo ricava dall’esercizio fisico mirato, delicato ma efficace, si ripercuote sulla mente: si impara che riprodurre gli asana significa applicare la minima tensione muscolare, senza rigidità e scomodità, rispettando la natura unica di ogni corpo per favorire uno stato mentale che è al contempo attento e rilassato.
La pratica non strutturata
Praticando abitualmente la Mindfulness e avendo fiducia nel cambiamento che essa ingenera, si imparerà a stringere nell’abbraccio dell’attenzione vigile e non giudicante ogni aspetto della vita quotidiana: tanto le abitudini quanto gli imprevisti, verso i quali si aprirà un nuovo spazio di accettazione e la capacità di rispondere all’inedito in modo adeguato e senza impulsività o riottosità.
Si potrà pertanto coltivare la consapevolezza quando si guarda, si ascolta, si pensa, si parla, si cucina, si mangia o si lavora, nei momenti facili e in quelli difficili.
Ciò accade perché il modo in cui siamo inconsapevolmente subisce una virata verso nuove abitudini mentali: ciò non significa capovolgere la propria esistenza in maniera burrascosa ma essere presenti alla vita con gentilezza, radicalmente mutati nel modo in cui si risponde all’esistenza, acquisendo maggiore stabilità, determinazione, capacità di comprendere, tollerare, reagire in modo propositivo e senza arrendersi passivamente al dominio dello stress.
Quante volte agiamo senza soffermarci a godere di quanto stiamo facendo? Persino durante una passeggiata la nostra mente si affanna per conseguire il fine, i piedi corrono verso la meta da raggiungere. Magari siamo lievemente in ritardo all’appuntamento e coviamo disappunto e tensione, senza cogliere la bellezza dell’architettura cittadina, i sorrisi dei passanti, un bimbo che punta i piedi per richiamare attenzione, la carezza di un uomo al suo cane, la tenerezza di un bacio d’innamorati al tramonto, il profumo di un fiore, il colore di un cielo azzurro, ecc.
La consapevolezza è un sentiero da seguire senza smarrire i passi che ci conducono altrove. Anzi, seguire il sentiero della consapevolezza ci fa piazzare meglio la suola delle scarpe per ogni dove, anche nel mezzo di un terreno impervio.
La consapevolezza è sempre. Anche ora, mentre leggi questa pagina e respiri, a tratti dimentico persino di te stesso. In un momento ti riporta nel tuo cuore che batte, proprio qui e proprio adesso, fermo nel presente come pietra dura in cima al monte. Da te stesso, dalla tua presenza e fermezza, ti conduce al centro del mondo, vivido e vero come mai lo hai sperimentato