24 Luglio 2021

Manipolazione: saperla riconoscere.

By admin

La manipolazione psicologica avviene attraverso delle buone modalità comunicative e il manipolatore ha spesso tratti narcisistici o psicopatici.

La manipolazione psicologica non è solo un processo psicologico, ma è un processo comunicativo (Zimbardo, 2008): un bravo comunicatore è colui che riesce a veicolare messaggi semplici, anche se profondi e sorprendenti, concreti e credibili, facendo leva sui fattori emotivi e con una modalità narrativa facilmente riproducibile. 

Andrea Ferrari, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MODENA

Non è necessario credere in una fonte sovrannaturale del male: gli uomini da soli sono perfettamente capaci di qualsiasi malvagità

(Joseph Conrad).

In cosa consiste la manipolazione psicologica

Messaggio pubblicitarioNel realizzare questa breve guida abbiamo tentato di ampliare i canoni della letteratura psicologica divulgativa, solitamente dominata da articoli che descrivono come possiamo ottenere un maggior benessere personale, cosa influenza le relazioni sentimentali o su come andare d’amore d’accordo con il nostro partner, figli, colleghi di lavoro ecc. Altri articoli, di stampo più specialistico, forniscono informazioni utili ad una platea di professionisti delle discipline psicologiche, aggiornandoli su nuove procedure diagnostiche, tecniche di intervento, studi di efficacia ecc.

D’altra parte, chi ha mai detto che la psicologia è solo una disciplina di aiuto? È probabile che il lettore profano, dinanzi alla parola psicologia, si immagini di calarsi all’interno di uno studio finemente arredato, con il pavimento in legno e le pareti dominate da acquerelli, attestati e un’immensa libreria di noce. La sua immaginazione lo porterà, quindi, su un divano comodo su cui stare seduto, o anche sdraiato, raccontando ciò che gli passa per la testa ad un signore barbuto, intento a prendere appunti.

Oggi vorremmo offrirvi un’immagine molto meno rassicurante, conducendovi all’interno di una stanza polverosa e chiusa a chiave, senza finestre, con la luce spettrale di un neon che illumina il volto del vostro interlocutore, intento a fumarsi una sigaretta mentre il suo sguardo, torvo, non abbandona neanche per un istante i vostri occhi; sa che, presto o tardi, gli direte ciò che vuole sentirsi dire.

Lo studio dei processi di manipolazione, suggestione e influenzamento è un tema caro alla psicologia sociale, che se ne occupa da decenni. La fine della II guerra mondiale costrinse il mondo occidentale a riflettere sui regimi totalitari, sollevando interrogativi inquietanti sul contributo di ciascun individuo nella genesi e nel mantenimento di sistemi politico-sociali basati sulla restrizione delle libertà, sulla violenza e sulla giustificazione dei crimini più atroci.

Milgram (1974) dimostrò in modo magistrale ciò che Hannah Arendt, quasi contemporaneamente, scriveva mentre assisteva al processo di Adolf Eichmann a Gerusalemme: un uomo qualunque, inserito in un contesto socioculturale favorente, potrebbe diventare uno spietato gerarca nazista.

Milgram individuava nell’obbedienza, e nel timore di contraddire una fonte di autorità i fattori in grado di far compiere un’azione brutale, come somministrare una scarica elettrica ad alto voltaggio ad una persona indifesa. Tuttavia, la descrizione che la Arendt fa di Eichmann evidenzia fattori ancora più inquietanti nella loro meschinità, come il carrierismo e il bisogno di conformarsi ad un sistema gerarchico, oltre ad una incapacità di riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni. Da una parte il timore di contraddire un’autorità, dall’altra il desiderio di esserne complici, indipendentemente dalle implicazioni morali.

Ma fermiamoci qui. Mentre questi esempi riguardano processi di influenzamento, in cui una persona si adegua in modo più o meno cosciente a decisioni imposte, nei processi più francamente manipolativi, la vittima viene soggiogata nel modo di pensare e percepire la realtà, convincendosi di quanto gli viene inculcato.

La manipolazione psicologica in ambito forense

La comprensione dei fenomeni di manipolazione psicologica è particolarmente importante per la psicologia forense, che tra le varie cose si occupa di come le testimonianze giuridiche possano essere influenzate dalle condizioni psicologiche del testimone. Il fenomeno delle false confessioni ne è forse l’esempio più significativo. Pare inoltre che le forze investigative negli USA (ma non solo negli USA) siano facili a confondere la conduzione di un interrogatorio con l’estorsione di una confessione. Va detto che nel sistema giudiziario degli Stati Uniti, la confessione di un imputato assume un valore probatorio decisivo per le sorti di un processo, anche nei casi in cui vi siano scarse evidenze fattuali. Nel 25% dei casi in cui una persona è stata scagionata grazie all’esame del DNA, l’imputazione era avvenuta tramite una falsa confessione (Kassin et al, 2009).

Anche se starete pensando di non essere i tipi da confessare uno stupro o un omicidio che non avete commesso, le ricerche indicano che le persone innocenti sono particolarmente vulnerabili durante gli interrogatori. Secondo Redlich e Meissner (2009) negli Stati Uniti vi sono diverse modalità per condurre un interrogatorio allo scopo di produrre (o estorcere) una confessione, tutte accomunate da tre fasi:
– Isolamento: il sospettato viene detenuto in una piccola stanza e lasciato solo, non gli è permesso di contattare un avvocato di fiducia. Il soggetto trattenuto è così incoraggiato a vivere una condizione psicologica di precarietà, con sentimenti di ansiae insicurezza.
– Confronto: Gli investigatori assumono per principio che la persona che si trovano davanti sia IL colpevole. Quindi, glielo comunicano in modo esplicito, affermano di avere delle prove in mano che consentono di incriminarlo (è utile ricordare che alla polizia è legalmente permesso di mentire), che non gli conviene negare le sue colpe, e che queste comportano gravi conseguenze.
– Minimizzazione: in questa fase chi conduce l’interrogatorio assume un atteggiamento empatico con il sospettato, allo scopo di guadagnare la sua fiducia, gli offre delle giustificazioni per il crimine che (non) ha commesso.

Gli amanti delle serie TV potranno osservare un interrogatorio così descritto nella prima stagione di True Detective, operato da un convincente Matthew McConaughey. E se state pensando che, almeno in Italia, certe cose non accadano, vi invitiamo a leggere questo articolo di Kassin (2012) che dedica particolare attenzione al caso di Amanda Knox, e del delitto di Perugia. Possiamo quindi concludere che gli interrogatori sono un setting ideale per esercitare una manipolazione psicologica.

È interessante osservare come queste modalità di conduzione degli interrogatori sembrano adattarsi al modello circolare dell’abuso di Walker (1979): secondo l’Autrice, la genesi delle violenze domestiche seguirebbe quattro fasi, indicate come
1) Incremento della tensione: la comunicazione tra partner abusante e vittima si interrompe, quest’ultima si sente spaventata e avverte il bisogno di placare la rabbia dell’abusante.
2) Incidente: Il partner abusante manifesta rabbia nei confronti della vittima ed esercita minacce e intimidazioni, si verifica un abuso, a livello verbale, fisico o comportamentale.
3) Riconciliazione: il partner abusante si scusa e si giustifica incolpando la vittima, nega il comportamento di abuso o ne minimizza la gravità;
4) Calma: l’incidente viene “dimenticato”, e non si verificano altri abusi. I partner vivono una “luna di miele” fittizia.

Alla luce delle somiglianze tra i due modelli, non appare azzardato affermare che le false confessioni sono ben più di una tecnica di manipolazione, bensì appaiono come una forma sottile e raffinata di tortura: anche se questo termine non compare mai nei modelli descritti, è evidente che la vittima di questi processi si ritrovi a vivere in uno stato di paura e di sottomissione, con l’impossibilità di chiedere aiuto o uscire dalla relazione. Ne consegue che l’unico modo per cavarsela è acconsentire alle richieste di chi detiene il potere nella relazione.

Un altro fattore che può contribuire ad assoggettare chi subisce un interrogatorio è la mancanza di riposo. Un recente studio di Frenda coll. (2016) ha indagato il ruolo della deprivazione dal sonno impiegando un metodo sperimentale. La variabile dipendente consisteva nell’ammissione di aver compiuto un fatto che non si era commesso, ovvero la produzione di una falsa confessione. II 50% dei soggetti assegnati al gruppo sperimentale, che avevano trascorso una notte in bianco al laboratorio universitario, producevano una falsa confessione, contro il 18% dei soggetti di controllo.

La manipolazione psicologica avviene attraverso una buona comunicazione

La manipolazione psicologica non è solo un processo psicologico, ma è un processo comunicativo (Zimbardo, 2008): un bravo comunicatore è colui che riesce a veicolare messaggi semplici, anche se profondi e sorprendenti, concreti e credibili, facendo leva sui fattori emotivi e con una modalità narrativa facilmente riproducibile. A questo proposito può essere molto utile conoscere i sei principi della persuasione sociale illustrati da Robert Cialdini (2009):

1) Reciprocità: o principio del “ti offro un dito per prenderti il braccio”, indica la nostra tendenza a ricambiare un favore che ci viene offerto. Una tecnica di persuasione che sfrutta questo principio è quella dei campioni gratuiti, si fornisce ai clienti una piccola quantità di prodotto con l’ “innocente” intenzione di informare il pubblico, mentre ciò mette in moto l’obbligo di ricambiare il dono.
2) Impegno e coerenza: il bisogno di apparire coerenti con ciò che abbiamo fatto ci induce un cambiamento mentale che supera le pressioni personali e interpersonali nello sforzo di essere coerenti con quell’impegno. Una tattica persuasiva che sfrutta questo principio è la tecnica del “piede nella porta” che consiste nell’ottenere grossi acquisti cominciando con uno piccolo.
3) Riprova sociale: talvolta, nel decidere che cos’è giusto per noi, ci è di aiuto cercare di scoprire cosa gli altri considerano giusto. Ad esempio, tendiamo a considerare più adeguata un’azione quando la fanno anche gli altri. L’impiego dei testimonial nella pubblicità è una delle trasposizioni pratiche di questo principio, un altro esempio sono le risate finte nelle sitcom.
4) Simpatia: di regola preferiamo acconsentire alle richieste delle persone che conosciamo e che ci piacciono, o che percepiamo come simili a noi. I mariti rimasti vittime dei Tupperware party riconosceranno gli effetti drammatici che questo principio, apparentemente così innocuo, ha sulla nostra pazienza.
5) Autorità: o principio del Megadirettore galattico, indica il senso di deferenza verso l’autorità per cui tendiamo a seguire fino all’estremo l’ordine di una persona autorevole (o presunta tale) in un determinato campo. È il motivo per cui si usano i dentisti negli spot sui dentifrici.
6) Scarsità: un prodotto diviene più attraente quando la sua disponibilità è limitata. Questo principio rappresenta inoltre un ottimo deterrente alla procrastinazione: avete mai sentito parlare della “corsa all’ultimo acquisto”? Sulla base di questo principio i venditori usano frequentemente le tattiche del numero limitato, o dell’offerta valida per pochi giorni.

Le caratteristiche di chi compie la manipolazione psicologica

Messaggio pubblicitarioPassiamo infine alla descrizione delle caratteristiche psicologiche del manipolatore: se questa è la carriera che desiderate intraprendere, potrebbe esservi di aiuto possedere di tratti di personalità afferenti alla triade oscura (Furnham et al., 2012; Paulhus & Williams, 2002), ovvero un costrutto impiegato per descrivere una costellazione di tre tratti di personalità:
– narcisismo: tratto di personalità che descrive individui che tendono ad apparire ambiziosi, determinati e dominanti nelle relazioni interpersonali, fino ad esibire un senso di superiorità;
– machiavellismo: tratto di personalità che descrive individui con una forte tendenza al cinismo, alla scarsa considerazione per i principi etici e morali, con la tendenza a manipolare gli altri per raggiungere i propri scopi;
– psicopatia: è considerato il tratto più maligno della triade oscura, descrive persone caratterizzate da scarsi livelli di empatia, in combinazione ad alti livelli di impulsività e ricerca di eccitazione. Molti di questi individui manifestano condotte francamente antisociali.

Ora che, in questa breve guida, abbiamo illustrato le principali conoscenze teoriche sulla manipolazione psicologica, siamo certi che la vostra fiducia nel genere umano non sia di certo aumentata. Riteniamo però che conoscere questi processi sia il necessario presupposto per potersi difendere, ricordando al lettore di stare in guardia quando il nostro interlocutore ci evoca sensazioni di insicurezza o di franca minaccia, o quando ad un comportamento seduttivo fanno seguito richieste di impegno (economico, affettivo, lavorativo…), alle quali sente di faticare a sottrarsi. Le domande da farsi in questi casi sono “cosa sta tentando di ottenere rivolgendosi a me in questo modo?”, “mi riesce davvero impossibile sottrarmi?”, “ci sono argomentazioni contrarie da opporre?”. Riconoscere il comportamento manipolativo è il primo passo per potersi sottrarre ad esso, con la necessaria fermezza che deriva dalla consapevolezza dei propri diritti che mai, debbono essere calpestati, sia tra le mura di casa, sia nelle aule della giustizia.

Tuttavia, la manipolazione psicologica fa parte della vita, e non vogliamo invitare il lettore a diventare paranoide nel tentativo di difendersi da minacce sconosciute. Tralasciando casi estremi come gli interrogatori di polizia, essere persuasi, ma anche lasciarsi infinocchiare, sono esperienze comuni; per chi ha un’impresa non è raro subire una truffa da un cliente o un fornitore, così come per chi è in cerca dell’amore della vita, non è raro subire il fascino di persone con intenzioni meno nobili. Ma queste esperienze, per quanto spiacevoli, non sono la prova di una sconfitta: possiamo incassare colpi sporadici senza perdere fiducia e positività nell’affrontare la vita, consapevoli che il mondo non è sempre un luogo rassicurante in cui vivere.

Bibliografia

  • Arendt, H. (1963). La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme. collana Universale economica.Saggi, Milano, Feltrinelli.
  • Cialdini R. (2009). Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di si. Firenze, Giunti.
  • Frenda, S.J., Berkowitz, S.R., Loftus, E.F.,& Fenn K.M. (2016) Sleep deprivation and false confessions. PNAS February 23, 2016 vol. 113 no. 8 2047-2050
  • Furnham, A.; Richards, S.C.; Paulhus, D.L. (2013). “The Dark Triad of personality: A 10 year review“. Social and Personality Psychology Compass 7 (3): 199–216.
  • Kassin et al., (2009). Police-Induced Confessions: Risk Factors and Recommendations. Law and Human Behavior, 2009. Univ. of San Francisco Law Research Paper No. 2010-13
  • Kassin S.M. (2012). Why confessions trump innocence. American Psychologist, vol 67 (6), 431-445.
  • Milgram, S. (1974). Obbedienza all’autorità. Einaudi (2003)
  • Paulhus, D.L., & Williams, K.M. (2002). The dark triad of personality. Journal of Research in Personality, 36, 556-563.
  • Redlich A.D., Meissner C.A. (2009). Techniques and controversies in the interrogation of suspects: The artful practice versus the scientific study. In J. L. Skeem, K. Douglas, & S. Lilienfeld (Eds.), Psychological science in the courtroom: Controversies and consensus. Guilford Press (2009)
  • Simon, George K (1996). In Sheep’s Clothing: Understanding and Dealing with Manipulative People.
  • Zimbardo P. (2007) The Lucifer Effect: Understanding How Good People Turn Evil, Random House, New York